Cenni storici sull’Accademia Tedesca a Roma


Angela Windholz

Villa Massimo nell’ anno 2003

Da quasi un secolo Villa Massimo ospita a Roma artisti provenienti dalla Germania. Grazie alle borse di studio fornite da Villa Massimo, artisti attivi nel campo dell’arte figurativa, della letteratura, della musica e dell’architettura possono vivere e lavorare per un anno a Roma. A tal fine, nel parco di Villa Massimo vengono messi a loro disposizione spaziosi atelier, con relativi appartamenti annessi.

Nella primavera del 2003, dopo ampi interventi di restauro e la nomina a Direttore del Dr. Joachim Blüher, Villa Massimo è stata riaperta al pubblico. Una Commissione mista composta di membri della Federazione e dei Länder ha elaborato nuove strutture e nuovi contenuti, tenendo in considerazione desideri e critiche dei tempi passati. La nuova giuria dell’Accademia assegna, con le borse di studio di Villa Massimo, i premi per la promozione artistica più rinomati in Germania e al contempo seleziona i borsisti di Casa Baldi a Olevano Romano e della Cité Internationale des Arts a Parigi.

Villa Massimo organizza esposizioni, concerti, incontri di lettura ed escursioni con i borsisti e gli artisti ospiti dell’Accademia, che talvolta vengono programmatiin collaborazione con le accademie internazionali di Roma e le istituzioni culturali romane.

La Direzione di Villa Massimo appoggia i progetti degli artisti e crea contatti sul piano sia artistico sia sociale con ambienti culturali tedeschi ed italiani nonché con istituti culturali internazionali con sede a Roma.

Artisti a Roma – italomania o passione per Roma?

Fu la teoria artistica dello studioso dell’antichità Johann Joachim Winckelmann ad intensificare l’interesse per l’arte antica ed a promuovere i primi tentativi di fondazione di un’accademia a Roma. Se inizialmente era la mera abbondanza di opere d’arte dell’antichità ad attirare a Roma artisti di tutto il mondo, dopo la Rivoluzione Francese, Roma divenne, in particolare per molti artisti tedeschi, luogo dei sogni di fuga e di libertà, la metropoli che mancava nelle regioni di lingua tedesca. Il soggiorno nella Roma cosmopolita poteva conferire una “libertà di gusto e di pensiero” (Nietzsche) che invece non era riscontrabile in Germania.. La Repubblica Romana consentiva l’evasione, benché di breve durata, dalle regole sociali vigenti in patria e dava spazio alla sperimentazione di stili di vita non convenzionali.

L’esclusività di una libera esistenza al Sud – accessibile soltanto a pochi – ebbe vita breve. L’Italia divenne sempre più meta di viaggiatori provenienti dal Nord, che cercavano ispirazione artistica nelle regioni mediterranee. Molti auspicavano di poter provare gli stessi sentimenti e le stesse esperienze descritte da Goethe in forma del tutto idealizzata nel suo “Viaggio in Italia”.

Johann Heinrich Füssli: Der Künstler verzweifelnd vor der Größe der antiken Trümmer, Disperazione dell’artista sulla grandezza degli antichi frammenti, Kunsthaus Zurigo, Raccolta grafica.

Del resto si provava a visitare l’Italia evitando di percorrere i sentieri comunemente battuti. Nellintensa ricerca di esperienze personali, e di modalità di espressione individuale gli artisti entravano in contatto, a Roma, con i nuovi movimenti artistici internazionali, con una enorme concentrazione di arte antica, e con la loro esasperata ricettività, si venivano cosí a creare talvolta condizioni di crisi creative da sovracarico di stimoli. Talvolta a questi problemi se ne aggiungevano altri: gli artisti pativano difficoltà finanziarie, emarginazione sociale e malattie. Eppure Roma rimase per molti artisti l’unico luogo in cui avrebbero voluto vivere. Ci si organizzò con atelier in comune, furono fondate confraternite e occupati monasteri, ci si fece invitare al desco del Principe ereditario Ludwig di Baviera a Villa Malta o si trovò alloggio nella Legazione Prussiana sul Campidoglio.

Alcuni artisti, come per esempio Wilhelm Waiblinger, non erano ben visti né dagli uni né dagli altri e preferivano i circoli italiani – questo li portava ad essere emarginati e soggetti ad un duplice esilio..

AMolti artisti vivevano delle vedute che dipingevano, copiando gli antichi maestri o realizzando cronache sulla quotidianità romana, molto lontano da quello che avrebbero considerato come vero lavoro artistico. I beneficiari delle borse per soggiorni di studio dell’Accademia Tedesca, invece, erano coperti finanziariamente e potevano dedicarsi al proprio programma di viaggio e orientamento artistico individuale.
Arnold Böcklin, Anselm Feuerbach e Hans von Marées ricostituirono un gruppo di pittori ponendosi come classici dell’Arcadia, la cui arte sarebbe inconcepibile senza la Storia e il paesaggio dell’Italia. Erano tuttavia avanguardia nel senso che rifuggivano il produttivismo dell’epoca della grande industrializzazione tedesca e in contrapposizione a questo avevano concepito un universo mitico e introspettivo. Con le sue vestigia di grandi culture antiche, l’Italia si proponeva sia come la possibilità di un avvicinamento a miti perduti sia alla la conservazione di una presunta unità tra uomo, natura e cosmo. All’inizio del XX secolo, l’impatto di Roma su Paul Klee diede avvio alla riflessione sul problematico ruolo della città per le arti contemporanee, “l’artista si sente intimorito, scettico e condannato all’epigonismo” La domanda fondamentale, “perché l’Italia?”, fu riproposta e ricevette diverse risposte.

Bonaventura Genelli: Caricatura di Wilhelm Waiblinger, Kupferstichkabinett, Galleria di calcografia, Dresda

Roma può venir imposta come programma di formazione tradizionale e accettata con una scrollata di spalle e l’Italia può esser dichiarata sorpassata, demodé e scaduta. L’esperienza élitaria di un tempo si dissolve nel turismo moderno, i viaggiatori si spostano a milioni. I luoghi appaiono banali, visti e rivisti , lo sguardo si spegne.

A Roma, una città che vive del turismo, le “chicche” sono ancora più difficili da scoprire. Dietro le splendide facciate si cela tuttavia la realtà di una città mediterranea con milioni di abitanti, cresciuta irregolarmente, con una periferia anonima in cui dominano solitudine, traffico e degrado.. A Roma il nuovo viene rapidamente consumato e logorato, testimoniandone la caducità al pari delle rovine antiche. La sua storia millenaria conferisce alla citta una vita fatta di distanza, indulgenza e noncuranza, insomma un senso del relativo.

Hans Magnus Enzensberger vede l’Italia come il “laboratorio dell’arte postmoderna” – l’Italia, un “tumulto incalcolabile, produttivo, fantastico”. Nell’ottica nordica, al di là delle Alpi regnano caos, esuberanza, sregolatezza, fino ad un’irrazionalità che attrae: come antipodi della modernità? Il Sud, quindi, si profila di nuovo quale punto di fuga da un sistema rigido, questa volta moderno?

Nell’Estinzione di Thomas Bernhard, Roma non cade vittima della critica, come ci si poteva aspettare, bensì viene descritta come un luogo sporco, frenetico, impenetrabile e arcaico, apparendo proprio per questo come “l’odierno centro del mondo”; “non è New York […] non Parigi, non Londra, non Pechino e non Mosca, come noi leggiamo e sentiamo ovunque, no, è Roma, oggi è di nuovo Roma”.

Alla fine ciascuno vedrà quel che vorrà vedere – Roma e l’Italia come un vacuum, che si lasciava colmare di soggettività, come fecero sia Johann Wolfgang von Goethe sia Rolf Dieter Brickmann: “Ti mostro quello che vedo io e come io,una persona qualunque, proprio io, lo vedo. E lo faccio ora, a Roma, che è altrettanto immaginaria come qualsiasi altra città, giacché ognuno vede soggettivamente”.

Nell’opulenza dell’arte qui raccolta ognuno può trovare – accanto ai colleghi – affinità elettive con i compagni di spirito che crearono quelle opere. Talvolta è semplicemente per la distanza dalla Germania e dalle costrizioni quotidiane che vale la pena stare a Roma, o per il sole, come affermò Judith Kuckart durante la sua permanenza a Villa Massimo nel 1997: “Riflettere con il sole è meglio che riflettere senza sole. Roma.”

Primi progetti di un’accademia nel XVIII e XIX sec

Dalla fine del XVIII secolo, le accademie conferivano come premio di più alto prestigio, sul modello del francese Prix de Rome, una borsa per un soggiorno di studio in Italia, per consentire ai giovani artisti di familiarizzare con i capolavori dell’antichità e con la tradizione della decorazione degli ambienti a fini programmatici e rappresentativi, in particolar modo con gli affreschi della Cappella Sistina e le stanze di Raffaello in Vaticano. A Roma giunsero i borsisti delle accademie di tutti i Paesi dell’Europa e dell’America. Tuttavia, soltanto gli artisti francesi disponevano di un istituto di studi a Roma: L’Accademia Francese, fondata nel 1666 su iniziativa del Ministro delle Finanze Jean-Baptiste Colbert, dove erano a loro disposizione alloggi, atelier, sale studio e spazi espositivi. Colbert pretese che venissero copiate tutte le opere belle di Roma con l’idea, che, come più tardi anche altre capitali, Parigi avrebbe dovuto essere ampliata e strutturata sul modello di Roma. Ma già il secondo direttore, Noël Coypel, dovette riconoscere che gli artisti avevano aspirazioni diverse: “Les peintres sont disgustés de copier” – essi si presero la libertà di fare esperienze romane proprie.

Heinrich Hübsch: Carl Phillip Fohr e una società di artisti in un banchetto all'aperto, Kupferstichkabinett, Galleria di calcografia, Dresda

Intorno al 1820 a Roma si costituì l’Associazione Artistica Tedesca, che avviò una serie di iniziative tese alla fondazione di una casa-alloggio per gli artisti tedeschi nella Citta Eterna , sul modello dell’Académie de France a Villa Medici. La realizzazione di un’Accademia Tedesca fallì però a causa della frammentazione in piccoli stati del territorio di lingua tedesca, ove non esisteva alcun interesse comune per un’istituzione sovrastatale e men che meno per il finanziamento della stessa.

Ludwig I di Baviera e Villa Malta

Singoli regni quali la Baviera, la Prussia e l’Austria realizzarono spesso provvisori punti d’incontro e alloggi per gli artisti nelle sedi delle loro ambasciate. Uno dei più importanti mecenati fu il Principe ereditario Ludwig di Baviera, che commissionò numerosi incarichi agli artisti tedesco-romani. La sua residenza romana, Villa Malta, che aveva fatto arredare spartanamente, diventò un luogo di ritrovo degli artisti lontano dal cerimoniale di corte; qui essi potevano discutere, festeggiare e lavorare. Gli artisti austriaci avevano atelier a Palazzo Venezia, mentre gli artisti prussiani trovarono sistemazione in un primo momento nella Legazione sul Campidoglio e successivamente in atelier a Villa Strohl-Fern, affittati dall’Accademia delle Arti di Berlino.

Foto 4, Gustav Friedrich Hetsch: Villa Malta, Det Kongelige danske Kunstakademi, Samlingen af Arkitekturtegninger, Copenhagen

Tutto ciò non era tuttavia paragonabile con la rappresentativa Accademia Statale Francese di Roma e gli artisti tedeschi continuarono a rivendicarne una propria per tutto il XIX secolo, tanto più che nel 1871 la fondazione del Kaiserreich aveva rafforzato le loro speranze in un’accademia nazionale a Roma.

Nel 1879 nel parlamento tedesco si discusse sull’acquisto di Palazzo Zuccari a Roma, con l’obiettivo di dar vita a un’accademia. Palazzo Zuccari non soltanto custodiva i celebri affreschi dei Nazareni sulla storia di Giuseppe, che in seguito furono trasferiti nella Alte Nationalgalerie (Galleria Nazionale) di Berlino, ma su di esso gravava altresì un’ipoteca storica: come casa dell’arte, nel 1603 il palazzo era stato destinato per testamento dal suo costruttore, il pittore Federico Zuccari, a sede di studi per artisti provenienti dal Nord. La costituzione imperiale però non riconosceva al governo federale del Kaiserreich la competenza per gli affari culturali e di conseguenza nel bilancio per la cultura dell’Impero Germanico non erano previsti fondi per finanziare un’Accademia d’arte tedesca a Roma. Palazzo Zuccari entrò successivamente in possesso di Henriette Hertz, che ne fece la sede della Bibliotheca Hertziana (attualmente Istituto Max Planck di storia dell’arte a Roma), da Lei fondata poco prima dell’apertura di “Villa Massimo”.

Foto 5, Ingresso del vecchio giardino di Palazzo Zuccari, oggi sede della Bibliotheca Hertziana, Fototheca, Bibliotheca Hertziana, Roma

La fondazione delle accademie straniere a Roma e degli istituti di ricerca scientifici tedeschi

In quegli anni mentre la Spagna, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti d’America iniziarono ad adoperarsi per l’istituzione di proprie accademie a Roma furono fondati istituti tedeschi, che si dedicavano solamente a studi scientifici. A Firenze esisteva un Istituto di storia dell’arte gia dalla fine del XIX secolo e nel 1905 Max Klinger diede vita, sempre a Firenze, all’alloggio per artisti “Villa Romana”. A Roma si costituì l’Istituto Archeologico Germanico, che nel 1877 aveva ricevuto come sede un nuovo edificio sul Campidoglio; a Palazzo Zuccari fu fondata da Henriette Hertz una biblioteca di storia dell’arte – solo gli artisti non avevano ancora un luogo.

Come sempre, i giovani borsisti a Roma sprecavano il loro tempo in snervanti ricerche di atelier e vedevano svanire l’importo delle borse di studio nelle salatissime pigioni.. Gli atelier disponibili a Villa Strohl-Fern, in cui lavorarono per esempio Lesser Ury, August Gaul, Rainer Maria Rilke, Karl Hofer e Karl Stauffer-Bern, erano troppo pochi e spesso in uno stato che li rendeva inutilizzabili.

Foto 6, Karl Stauffer-Bern nell'atelier di Villa Strohl-Fern

La fondazione dell'Accademia da parte di Eduard Arnhold

Nella sua veste di senatore delle Accademie delle Arti, una volta il mecenate e commerciante berlinese Eduard Arnhold andò trovare un tedesco, vincitore del prix de Romenella sua malsana e misera dimora a Roma. A tali situazioni Arnhold volle porre rimedio. Disponeva peraltro anche dei mezzi finanziari necessari: pur amando ironicamente definirsi un “commerciante di carbone”, Arnhold era l’unico proprietario dell’industria di carbone Cesar Wollheim, che sfruttava i bacini carboniferi dell’Alta Slesia; egli era per di più una delle personalità di maggior rilievo nella Germania guglielmina. Con il suo patrimonio promosse l’arte e la scienza. Possedeva una famosa collezione d’arte, nella quale – e questo allora rappresentava ancora un’eccezione a Berlino - erano rappresentati anche gli impressionisti francesi.

Nello stesso tempo collezionò opere degli artisti tedeschi di Roma come Arnold Böcklin, di cui era amico, come di Ludwig Thoma, Max Liebermann, Louis Tuaillon e August Gaul. Essi lo spronarono nel suo progetto di istituire un centro di studi tedesco equivalente a quello di Paesi come la Francia, la Spagna, l’America, la Gran Bretagna etc. Nel 1910 Arnhold acquistò, non lontano da Via Nomentana, un appezzamento di terreno facente parte dell’allora vasta superficie coltivata di Vigna Massimo. Vi fece costruire degli atelier ed una villa, che lasciò in eredità allo Stato Prussiano unitamente al patrimonio della donazione. L’antico nome fu mantenuto come per l’Accademia Francese Villa Medici: “Villa Massimo”.

Foto 7, Emil Orlik: Eduard Arnhold, Acquaforte

La creazione di un’Accademia Tedesca nel nord di Roma negli anni 1910–1914

Villa Massimo è situata in un antico parco fuori le mura aureliane, vi si accede percorrendo ombrosi viali di cipressi dal color verde intenso. Fontane segnano la fine dei viali di lecci, rovine di templi fanno da cornice al panorama, vasi antichi delimitano i sentieri di ghiaia, sarcofaghi fungono da fioriere, capitelli di marmo e colonne di granito caratterizzano gli spazi aperti. Le entrate della Villa sono adornate da porte rinascimentali di case padronali della campagna romana, porte di palazzi di cardinali romani, archi in pietra da taglio di ville barocche. Sparse nel giardino, in nicchie ed esedre, su pedane e colonne sono disposte statue provenienti dalle catacombe della vicina strada consolare romana, Via Nomentana.

Foto 8 ,Maximilian Zürcher: Villa Massimo 1913, Archivio fotografico comunale, Roma

Nel 1910 Eduard Arnhold ed il suo architetto Maximilian Zürcher, che in realtà era un pittore, si immaginavano questa “Arcadia” del Sud come un’accademia ideale per i borsisti tedeschi a Roma. La porzione della villa acquistata da Arnhold, con il suo antico patrimonio arboreo, fu allestita da Zürcher come un modello scenico ricco di motivi. Nel giardino protetto dalle mura, gli artisti dovevano poter coniugare la pittura di nudi e lo studio di opere d’arte antiche con effetti en plein-air e pittura di vedute. Sul lato nord del fondo, Zürcher fece sorgere una villa che offriva efficaci spunti creativi e al contempo irradiava storicità, con sale per lo studio del nudo, spazi comuni, alloggi per gli ospiti nonché un “atelier principesco”. Già l’inizio dei lavori di costruzione mise in evidenza i modi poco ortodossi di Zürcher: egli costruiva come se stesse dipingendo. Infatti prima di scavare le fondamenta della futura villa, Zürcher eresse il portale di travertino bugnato come un proscenio sulle cui proporzioni progettare la villa, con lo sconveniente risultato di rendersi quasi impossibile l’accesso agli scavi delle fondamenta.

Foto 9, Maximilian Zürcher: Villa Massimo 1913, Archivio fotografico comunale, Roma

Sul lato sud del parco, dietro la fontana ed il terrapieno, sono allineati gli atelier. La loro dimensione è stata dettata dalle previsioni degli enormi spazi necessari alla realizzazione di monumenti di grandezza superiore al naturale, di statue equestri e di tele lunghe metri.

Al tempo stesso, la funzionale architettura a schiera degli atelier era una prima realizzazione dell’allora controversa “architettura sociale”. Il committente desiderava una struttura uniforme degli atelier – nessun artista doveva essere svantaggiato. Nell’architettura degli studi Zürcher combinò lo stile d’avanguardia della “Neue Sachlichkeit” (“Nuova oggettività”) con piccole deviazioni dall’approccio seriale: la suddivisione interna varia, i materiali da costruzione antichi dovevano garantire anche negli atelier l’inserimento armonico nell’ambiente circostante.

Foto 10, atelier di Villa Massimo

Nel 1913 la Villa poté accogliere i primi artisti premiati con un soggiorno a Roma. La selezione avvenne tramite l’Accademia delle Arti di Berlino, che promosse un concorso per diverse borse di studio a Roma per artisti tedeschi, che poi vennero conferite dal Ministero della Cultura prussiano.

Appena inaugurata, Villa Massimo suscitò grande interesse. Tra i primi visitatori si annoverarono Stefan George, Adolf von Hildebrand, Peter Behrens, Walther Rathenau, Richard Strauss, Wilhelm von Bode, Adolf von Harnack ed il Cancelliere emerito del Reich Bernhard von Bülow.

Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale l’Accademia, sebbene aperta soltanto da poco, dovette chiudere i battenti. Nel 1915 fu sequestrata e durante la guerra adibita a ricovero per mutilati di guerra e manifattura di protesi ortopediche.

Villa Massimo negli anni 1928–1938

Villa Massimo fu dissequestrata soltanto nel 1929. In quel periodo i laboratori artistici concepiti nel 1910 per i vincitori del grande premio prussiano per un soggiorno a Roma furono sottoposti al primo rinnovamento concettuale, che adeguò la Villa alle aspettative delle mutate concezioni artistiche degli anni venti. Se primapotevano dedicarsi alla vita artistica di Villa Massimo eall’esperienza romana, soltanto i vincitori del concorso svolto secondo un rigido ordine gerarchico, segnatamente giovani di sesso maschile, senza famiglia al seguito e distrazioni sentimentali, alla fine degli anni venti i criteri di selezione vennero per la prima volta ammorbiditi. Furono ammesse anche artiste donne (la prima fu Hanna Cauer, nel 1930), venne alzato il limite di età e furono resi più eterogenei i criteri artistici di selezione.

La Direzione fu assunta da Herbert Gericke, ex insegnante di disegno nella scuola del Museo di Arti Applicate di Berlino e collaboratore del Ministero della Cultura prussiano, che era coniugato con una nipote di Eduard Arnhold. Nei successivi dieci anni giunsero in qualità di borsisti Werner Gilles, Karl Schmidt-Rotluff, Georg Schrimpf, Ernst Wilhelm Nay, Emy Roeder, Max Peiffer Watenphul, Felix Nussbaum – nello stesso anno di Arno Breker -, Hans Poelzig, Konrad Wachsmann, Gerhard Marcks, Hanna Nagel e Toni Stadler.

L’avvento al potere in Germania dei nazionalsocialisti e la pressione esercitata nei confronti dell’istituzione da parte dei funzionari di partito della Camera di Cultura del “Terzo Reich” esacerbò le contrapposte posizioni politiche degli ospiti di Villa Massimo . Per pochi anni fu ancora possibile difendere lo spazio franco di Roma, ma l’ingerenza dei nazionalsocialisti aumentò. In occasione della visita a Roma di Hitler, nel 1938, Herbert Gericke fu destituito dalla carica a causa del suo legame con la famiglia ebrea del donatore, venne rimossa dall’edificio principale la targa in onore di Eduard Arnhold e cancellata la memoria del fondatore. Con alterne direzioni ma non direttamente sottoposta al controllo dei commissari artistici nazisti, dietro le mura di Villa Massimo non si sviluppò alcuna provocazione artistica, né tanto meno arte propagandistica. Nel 1943 la Villa fu destinata a circolo degli ufficiali dell’Aeronautica militare tedesca.

Foto 11, Visita a Villa Massimo del Re d'Italia Vittorio Emanuele III, nel 1932, Archivio di Villa Massimo, Roma

“L’Accademia Tedesca” negli anni 1945-1956

A seguito del ritiro delle truppe tedesche da Roma, Villa Massimo fu sottoposta all’amministrazione dei beni sequestrati che faceva capo agli Alleati. Palmiro Togliatti, il Ministro comunista del Governo italiano provvisorio del dopoguerra, propose di cedere gli atelier agli artisti italiani che si erano attivati nella Resistenza. Questo fece sí, che nel corso del primo decennio del dopoguerra, anche per il fattoche gli atelier di Via Margutta erano ormai affittati agli Americani a prezzi esorbitanti, Villa Massimo divenne un punto d’incontro dei protagonisti della scena artistica romana, come Carla Accardi, Enrico Prampolini, Alberto Moravia e i critici d’arte Corrado Maltese e Antonello Trombadori. Si incontravano nei giardini e negli atelier di Villa Massimo, dove lavoravano, apprezzando le straordinarie condizioni lavorative, Renato Guttuso, Emilio Greco e Leoncillo, per citarne solo alcuni. La restituzione di Villa Massimo fu per contratto parte integrante dell’Accordo Culturale tra la Repubblica Federale di Germania e la Repubblica Italiana siglato nel 1956 in quanto l’Accademia tedesca manteneva nel solco della sua tradizione il riconoscimento di simbolo e centro di una cultura europea.

Foto 12, Enrico Prampolini: Taccuini N, Foglio 14, fine degli anni quaranta, Galleria Civica Modena

L’Accademia Tedesca negli anni 1956–1965

Dopo una nuova inaugurazione di Villa Massimo e la nomina di nuovo a direttore di Herbert Gericke, nel 1957 ritornarono a Roma artisti tedeschi. Su incarico della famiglia del donatore, che continuava a finanziare l’Accademia, Gericke aveva appoggiato in modo decisivo le trattative della Repubblica Federale di Germania per la restituzione. Il Direttore faceva da garante delle intenzioni del fondatore ebreo e rappresentava per la scena culturale romana la Germania prenazista. Esperto dell’eterno conflitto fra tradizione e modernità, egli accompagnò, con parziale incomprensione, ma con tollerante huomor, i movimenti artistici del dopoguerra.

I criteri di selezione furono ulteriormente riformati. Gli artisti dovevano già poter vantare nella loro carriera artistica un qualche successo pubblico. L’età media fu di conseguenza elevata a circa 33 anni. Inoltre fu spezzato il circolo chiuso degli artisti figurativi e degli architetti, per ampliarlo a scrittori e compositori. Fu altresì introdotta la pratica di invitare cosiddetti ospiti d’onore, che venivano premiati per la loro carriera artistica. Nei primi anni, inoltre, la giuria di selezione si curò di privilegiare gli artisti che erano stati vittime della persecuzione nazionalsocialista. Per giunta, se negli anni cinquanta si disquisì, in riferimento alla Germania, di una continuità nazionalsocialista nella politica del personale, per Villa Massimo si può parlare sia sul piano del personale che su quello intellettuale di una continuità della capacità cosmopolita della cultura ebraica. Senza l’ostinato intervento della famiglia del donatore, Villa Massimo sarebbe stata destinata ad un utilizzo diverso da quello previsto o non sarebbe più stata restituita dagli Alleati alla Germania.

Foto 13, Uwe Johnson con altri ospiti, in primo piano

Fino alla metà degli anni sessanta Villa Massimo ospitò Bernd Alois Zimmermann, Luise Rinser, Ernst Schumacher, Gerhard Hoehme, Heinrich Böll, Hannah Hoech, Marie Luise Kaschnitz, Otto Dix, Uwe Johnson, Rolf Szymanski e Horst Antes.

A conclusione dell’era di Gericke, che nella stampa tedesca fu spesso oggetto di interesse ed attenzione come si evince anche dai numerosi articoli di Gustav René Hocke e Anton Henze, in occasione del cinquantenario di Villa Massimo, nel 1964 uscì la prima pubblicazione di ragguardevoli dimensioni sulla storia dell’Accademia Tedesca a Roma, una retrospettiva contenente le opere degli artisti ospitati a Villa Massimo, immagini, testi, poesie.

L’Accademia Tedesca negli anni 1965–1993 sotto la direzione di Elisabeth Wolken

La direzione di Villa Massimo passò alla figlia di Herbert Gericke, Elisabeth Wolken. Negli anni successivi la giovane germanista costituì un team con suo marito, lo scrittore ed ex borsista Karl Alfred Wolken. Elisabeth Wolken rispose alle veementi richieste di riforme, come riportate in una trasmissione televisiva del 31 marzo 1966, iniziando a trasformare le rigide regole. Nonostante la resistenza della famiglia donatrice, da quel momento il soggiorno a Villa Massimo fu esteso anche alle famiglie degli artisti. A fronte delle sempre maggiori esigenze degli artisti, Elisabeth Wolken rivendicò ulteriori mezzi finanziari da impiegare nell’amministrazione dell’Accademia e miglioramenti nei criteri di selezione; insistette altresì affinché gli artisti avessero conoscenze della lingua italiana.

Cosi come in Germania sul finire degli anni sessanta, all’interno dell’intenso scambio politico si manifestava una ideologizzazione polarizzata. Cosi negli anni 1967-68, con Peter O. Chotjewitz, Hubert Fichte, Gabriele Wohmann ed Ernst Jünger a Villa Massimo si scontrarono a Villa Massimo le posizioni estreme della trasgressione e del borghesismo. Nel 1972 fu a Roma Rolf Dieter Brinkmann, i cui Rom. Blicke (Roma. Sguardi) influenzarono notevolmente la visione su questa istituzione .

La polemica degli anni 1968-1971 accelerò la progettata ristrutturazione e modernizzazione. Nell’ambito dei lavori di ricostruzione e restauro, anche gli ex appartamenti degli “autarchici geni artistici” furono trasformati ad uso familiare. Nell’interrato dell’edificio principale furono allestiti uno studio acustico, una camera oscura ed una macchina tipografica.

Nel maggio del 1978 si svolse un’inaugurazione dai toni sommessi, offuscata dal rapimento di Aldo Moro. Una doppia retrospettiva, “Plastik im Park” (sculture nel parco) e “Bilder aus Italien” (Immagini dall’Italia) presentava opere di Max Peiffer Watenphul, Hermann Teuber, Hanna Nagel, Theo Bechteler, Horst Antes, Franz Bernhard, Gerhard Hoehme, Gernot Rumpf, Rolf Szymanski e Arnold Leissler.

Allorquando, nel 1985, fu celebrato il settantacinquesimo anniversario di Villa Massimo, il malcontento degli anni settanta sembrava essersi placato e l’eco degli artisti fu positiva. Tra gli ospiti italiani della Villa figuravano Alberto Moravia, Pupi Avati e Paolo Portoghesi. A partire dal 1987 Elisabeth Wolken si dedicò con impegno all’organizzazione nel parco del Festival di Villa Massimo, il cui programma prevedeva opere di artisti italiani e tedeschi contemporanei. Questo modello, rivelatosi di successo, fu in seguito inserito nel programma culturale del Comune di Roma. Ne nacque nel 1990 il “RomaEuropa Festival”, che si svolge tuttora, nel quale le accademie straniere presenti a Roma si associarono in un Festival europeo. Dalla riapertura nel 1978 erano stati a Villa Massimo Botho Strauss, Anselm Kiefer, Dorothee von Windheim, Sarah Kirsch, Wolfgang Rihm, Ulla Hahn, Friedemann Hahn, Bernd Zimmer, Olaf Metzel, Hilde Domin, Bernhard Schultze, Emil Schumacher, Rolf Hochuth, Wolfgang Koeppen, Dietrich Eberhard Sattler e Peter Stein.

Due decenni dopo le agitazioni del Sessantotto che avevano raggiunto anche Villa Massimo, nei primi anni novanta si giunse a nuovi tumulti, volti sostanzialmente a rivendicare per Villa Massimo una nuova struttura concettuale.

L'Accademia Tedesca negli anni 1993-1999 sotto la direzione di Jürgen Schilling

Già prima del suo arrivo a Roma, Jürgen Schilling godeva di buoni contatti con politici della cultura, galleristi, responsabili di musei e critici d’arte italiani, poiché come organizzatore di mostre ed ex direttore dell’Associazione artistica di Braunschweig aveva esposto in Germania le opere di molti pittori italiani della transavanguardia e dell’arte povera. Questi contatti si rivelarono molto preziosi per Villa Massimo e i borsisti a Roma.

Nell’esposizione “Babele”, che Villa Massimo organizzava annualmente, Jürgen Schilling iniziò una divulgazione dell’arte proiettata in due direzioni, che metteva a confronto le opere dei borsisti con quelle di artisti italiani sia giovani che affermati. L’interesse per gli artisti italiani avrebbe dovuto richiamare l’attenzione del pubblico romano anche sui borsisti tedeschi di Villa Massimo. I contatti con galleristi romani consentirono l’allestimento di mostre anche al di fuori della Villa, in gallerie private e pubbliche, per esempio ai Mercati Traianei e a Porta San Sebastiano.

Le abituali esposizioni annuali collettive degli artisti della stessa annata furono abbandonate a favore di personali, per le quali furono pubblicati piccoli cataloghi monografici sui singoli borsisti.

In questi anni a Villa Massimo furono ospitati ad esempio Volker Braun, Adriana Hölsky, Hans-Joseph Ortheil, Thomas Ruff, Günther Wirth, Carola Stern, Thomas Virnich, Mauricio Kagel, Boris Becker, Karin Kneffel, Rolf Bier, Ulrich Erben, Alban Nikolai Herbst, Olaf Nikolai, Michael Wildenhain, Helmut Krausser e Klaus Gallwitz.

Retrospettiva del 2003 Villa Massimo sotto la direzione di Joachim Blüher

Dopo tre anni di restauri, nel maggio del 2003 Villa Massimo è stata riaperta al pubblico, con una nuova concezione e servizi tecnici più moderni. Quale nuovo direttore è stato nominato lo storico dell’arte e gallerista Joachim Blüher. Un tempo collaboratore della Galleria Michael Werner a Colonia e New York, ha presentato in seguito nella propria galleria sia i grandi nomi dell’arte tedesca contemporanea sia giovani artisti.

Attraverso manifestazioni di alta qualità, indirizzate ad un pubblico di volta in volta mirato, Joachim Blüher vuole riportare l’Accademia Tedesca di Villa Massimo tra i gioielli della cultura romana.

Due volte l’anno, il 10 giugno, ovvero il giorno del compleanno del fondatore Eduard Arnhold, e a fine novembre, vengono organizzate le Grandi Serate degli atelier dei borsisti. Serate che vedono gli atelier aperti con personali degli artisti e che terminano a tarda notte con una grande festa. Vengono così stimolati incontri e colloqui con gli artisti, con gli ospiti di altre accademie e con il pubblico.

Inoltre vengono allestite una volta l’anno mostre tematiche, che offrono sofisticati sguardi retrospettivi nella storia dell’arte e che evidenziano nessi e riferimenti con l’arte contemporanea. La mostra di quest’anno, per esempio, era dedicata al tema della danza, sulla base di acqueforti del XVI secolo nonché di installazioni video tedesche e americane contemporanee.

Nell’ambito dell’esposizione Soltanto un quadro al massimo, organizzata due volte l’anno, vengono messe a confronto un’opera di un eminente artista tedesco e di un eminente artista italiano. L’incontro-scontro in uno spazio ristretto di due artisti e due quadri -sistemi crea una ulteriore esperienza artistica - nasce cosí una dinamica duale ricca di contrasti. Per l’occassione viene pubblicata una limitata edizione di litografie da offrire in regalo ad una selezionata cerchia di ospiti. Quest’anno a sfidarsi erano Enzo Cucchi e Georg Baselitz, nella primavera del 2004 saranno Jannis Kounellis e Jörg Immendorff.

I Colloqui di Villa Massimo, una serie di eventi incentrati su temi attuali, hanno avuto inizio con un dibattito tra Arnulf Baring, Robert Gernhardt e altri ospiti, sulle sfaccettature dell’identità tedesca e italiana. Il dibattito non si è esaurito neanche dopo che, la leggendaria star dei cuochi di Roma, Heinz Beck, aveva preparato per gli ospiti un piatto tedesco e uno italiano.

Oltre al Festival romano di danza ospitato ogni anno nel parco di Villa Massimo, è in progetto una serie di manifestazioni dedicata alla musica contemporanea in collaborazione con emittenti radiofoniche italiane e tedesche.

Per eventi straordinari atti a dar vita ad un fertile incontro intellettuale tra diversi ambiti della cultura e dell’arte, vengono invitati a collaborare partner e promotori scelti, che nutrono interesse per il lavoro e l’arricchimento culturale dei giovani artisti.

Bibliografia su Villa Massimo

  • Deutsche Akademie in Rom, Villa Massimo 1914-1964, hrsg. von Anton Henze, Deutsche Akademie, Rom 1964
  • Ausst.-Kat. Rückschau Villa Massimo Rom 1957/1974, hrsg. von Hans Albert Peters, Baden-Baden 1979
  • Michael Dorrmann, Eduard Arnhold, (1849-1925). Eine biographische Studie zu Unternehmer- und Mäzenatentum im Deutschen Kaiserreich, Berlin 2002
  • Angela Windholz, Villa Massimo, Zur Gründungsgeschichte der Deutschen Akademie in Rom und ihrer Bauten, Petersberg 2003

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Cenni storici sull’Accademia Tedesca a Roma
Zur Geschichte der Deutschen Akademie in Rom

Jörn Köppler

Eva Hertsch, Adam Page

Christoph Keller

Bettina Allamoda

Charlotte Seither

Heike Geißler

Jorg Sieweke

Klaus Weber

Fanelsa - Matauschek

Jan Liesegang